Scelti per voi - Generazione lockdown: tra formazione e lavoro

3 luglio 2020

Formazione e lavoro rappresentano due asset strategici per la crescita e lo sviluppo dell'economia e della società di un Paese. A partire dalla seconda metà del secolo scorso, con le prime teorie economiche della Scuola di Chicago, è stata fornita una spiegazione scientifica alla correlazione positiva tra lo sviluppo del capitale umano, inteso come insieme di conoscenze, competenze, abilità che un individuo acquisisce attraverso un costante e continuo processo di formazione sia in ambito scolastico che lavorativo, e la crescita economica e sociale di un Paese.

Covid-19 ha radicalmente trasformato il mondo della formazione e diminuito i livelli di occupazione, in particolare colpendo le giovani generazioni, con conseguenze profonde e strettamente legate tra loro in termini di contenuto, modo, tempo e spazio. 

A livello globale, distanziamento sociale e chiusura delle università e dei luoghi di lavoro hanno rappresentato l’exit strategy dall’emergenza sanitaria. Oggi, dopo il lungo periodo di lockdown, emergono i primi dati allarmanti.

Secondo il New York Times, in questo articolo di Anemona Hartocollis e Dan Levin “As Students Put Off College, Anxious Universities Tap Wait Lists”, gli studenti non hanno intenzione nel prossimo autunno di immatricolarsi all’Università poiché "non ha senso pagare 20.000 dollari per sedersi al computer a casa e seguire corsi online". 

Generazione lockdown tra formazione e lavoro - Foto1

Anche in Italia lo scenario non è incoraggiante: in una lunga e articolata nota a cura di Luca Bianchi e Gaetano Vecchione, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ) stima che la diminuzione degli immatricolati su scala nazionale ammonterà a circa 10.000 studenti di cui la fetta più cospicua nel Mezzogiorno.

Invece, secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Talents Venture le immatricolazioni negli Atenei per l’anno 2020-2021 potrebbero risentire negativamente del Covid-19: "se la contrazione del PIL a fine anno dovesse essere del 9,1% come stimato dal Fondo Monetario Internazionale, il numero di immatricolati potrebbe ridursi di circa 35.000 unità (-11% rispetto all’anno precedente) […] generando una perdita per gli atenei di 46 milioni di euro". 

Guardando l’altra faccia della medaglia, il lavoro, la situazione è ancora più preoccupante: l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) nella più recente analisi sull’impatto economico della pandemia, stima che il prezzo più alto in termini di disoccupazione lo stanno pagando e continueranno a farlo le giovani generazioni, esattamente come accaduto in passato con la Grande Recessione del 2008. I dati dell’ILO mostrano che i giovani sono stati colpiti in modo sproporzionato da questa crisi a causa principalmente dell’interruzione dei percorsi di istruzione e formazione, della perdita di posti di lavoro e di reddito e di maggiori difficoltà a trovare un impiego, con il rischio di dare vita alla “generazione del confinamento”

Generazione lockdown tra formazione e lavoro - Foto2

A causa di questa difficile congiuntura che riguarda sia l’education che il lavoro, il rischio di assistere a una perdita di capitale umano di cui sarà protagonista la “generazione lockdown” è alto, contribuendo, i questo modo, a rendere ancor più difficoltoso e meno proficuo l’inserimento o la permanenza nel mercato del lavoro soprattutto dei giovani. 

Sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, Giovanni Belardelli scrive: “L’Italia […] sta perdendo la centralità del lavoro […] se è rimasta inalterata nel primo articolo della nostra Carta, si è appannata nella concreta realtà del Paese”: il pericolo di scivolare in un mero assistenzialismo, non accompagnato da investimenti strategici anche in formazione e capitale umano rischia di rallentare se non addirittura bloccare il percorso di ripartenza verso la crescita e lo sviluppo dell’apparato produttivo dell'Italia.

Anche la Banca Mondiale, nell'approfondimento "The impact of COVID-19 on labor market outcomes: Lessons from past economic crises" avverte gli Stati del pericolo di una mancata ripresa collettiva se decideranno, come tipicamente accade nei periodi post crisi, di tagliare i propri bilanci e di non sostenere l’occupazione, in particolare quella giovanile, investendo nell’istruzione e nello sviluppo digitale. 

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Klaus Schwab, Fondatore e Presidente del World Economic Forum, esorta ad una azione collettiva per uscire da questa impasse: “[…] Per ottenere un risultato migliore, il mondo deve agire congiuntamente e rapidamente per rinnovare tutti gli aspetti delle nostre società e delle nostre economie, dall'istruzione ai contratti sociali e alle condizioni di lavoro. […] Ogni paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare, e ogni industria, dal petrolio alla tecnologia, deve essere trasformata. In breve, è tempo di un "Grande Reset"

Un "Great Reset" che Francesco Seghezzi, in un recente articolo pubblicato sul Sole24Ore, non ha dubbi, in Italia, debba ripartire cambiando: " […] approccio, da meramente difensivo a espansivo, avendo come obiettivo quello di rafforzare il capitale umano, vero asset contemporaneo per le imprese, e investire in innovazione perché il mercato del lavoro abbia un assetto diverso all’uscita dell’emergenza e non lo stesso con cui siamo entrati”. 

Dani Rodrik e Stefanie Stantcheva, in questo articolo “We need to create more good jobs. The old easy answers won’t work any more”, scrivono: " […] Le politiche attive del mercato del lavoro volte ad aumentare le competenze e l'occupabilità devono essere sviluppate dalle istituzioni pubbliche in partnership con le imprese puntando esplicitamente alla creazione di good jobs. […] Per prosperare, le imprese hanno bisogno di una forza lavoro affidabile e qualificata […]”. 

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Ne segue l'esigenza di un ruolo attivo da parte delle imprese nel costruire percorsi formativi, sia in ambito scolastico che lavorativo, coerenti con la domanda di competenze del mondo del lavoro rafforzando una cultura di "continuous learning”, indispensabile per aiutare le persone a migliorare non soltanto le competenze professionali, ma anche le capacità trasversali che favoriscano l’adattabilità al cambiamento, soprattutto durante i periodi di crisi.

La multinazionale americana, McKinsey & Company, in un articolo da poco pubblicato, sposa la tesi secondo cui "To emerge stronger from the COVID-19 crisis, companies should start reskilling their workforces now": definire un percorso di formazione che aiuti l'adattamento a nuove competenze e modalità di lavoro post-pandemiche è fondamentale per costruire un modello operativo resiliente". 

Dall'attuale scenario socioeconomico e da quello futuro, che seguirà alla fine del periodo pandemico, emerge la necessità di una riflessione profonda e collettiva sul futuro della formazione, delle competenze, del capitale umano e del lavoro, caposaldi del percorso di rinascita dell'economia e della società a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19.

Il 6 luglio alle ore 11.00, in diretta online, si terrà la presentazione del libro “Il Futuro della Formazione. Investire sul capitale umano” per approfondire le principali tematiche di attualità per la crescita delle imprese, delle persone e dei nostri territori. Una riflessione sul capitale umano e sul sistema dell’Education a cui è possibile partecipare iscrivendosi a questo link.

 
 
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