Nel 2025 il 94% delle aziende italiane ha aumentato o mantenuto il budget destinato ai progetti di sostenibilità, secondo l’indagine “Global Sustainability Survey” di BDO. Eppure, se l’impegno economico è massiccio, la maturità organizzativa resta assai variabile: solo il 25% delle aziende possiede un programma di sostenibilità ben strutturato. Tra le sfide troviamo la definizione di KPI, la formazione del management e l’allineamento strategico con governance e reportistica ESG.
Per il mondo delle imprese ciò significa che la sostenibilità è entrata nel bilancio, ma deve ancora entrare nel DNA. In pratica: non basta destinare risorse; serve promuovere cambiamenti culturali, processi integrati e misurazione reale degli impatti. Le aziende che pensano alla sostenibilità come brand o compliance rischiano di restare indietro rispetto a quelle che la considerano leva strategica per innovazione e competitività. In un contesto europeo sempre più regolamentato — con normative che vanno dall’ESG al regolamento EUDR, fino all’azione sul clima — adottare un approccio sistemico diventa condizione di sopravvivenza.
Le imprese italiane, dalle grandi alle PMI, devono dunque passare dalla “volontà” all’azione, dalla cifra stanziata alla governance operativa, dalla visione al modello integrato. Solo così potranno trasformare l’investimento in sostenibilità in reale vantaggio competitivo.
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