Monza e Brianza: dove il legame tra tradizione e innovazione crea prodotti unici

di Luca Levati

1 aprile 2021

Per tentare di descrivere la Brianza forse bisognerebbe partire dalle sue origini, dal suo nome. Su questo aspetto però non c’è unanimità, le ipotesi sono diverse, la più affascinante (secondo il mio opinabile giudizio) è che derivi da “Brigantia”, terra di briganti che trovavano rifugio nelle sue colline e nei suoi boschi. L’altra ipotesi riguarda Brianteo generale delle truppe di Belloveso fondatore di Milano. Ma la più probabile invece ha origini celtiche derivando da “brig” (colle), del resto i nomi di molti “paesi” terminano in ago e ate, suffissi di origine celtica.

Del resto la Brianza non è solo una, infatti è un territorio tanto eterogeneo da far pensare alle “Brianze”: quella di Monza, quella lecchese, quella del lissonese/seregnese, quella del vimercatese e quella comasca. Se ci pensate a unire questi territori sono i brianzoli e la loro operosità. 
Monza e Brianza - Panorama
Le “Brianze” non solo sono differenti dal punto di vista geografico e morfologico ma anche per propensione “produttiva”.

La parte Ovest-Nord Ovest, quella lissonese/seregnese e comasca per semplificare, è quella dei “legnamè”, dei falegnami. Se pensate che il manifatturiero è il settore principale (contribuisce al 27% all’economia provinciale) e nel manifatturiero la specializzazione che maggiormente contraddistingue il territorio è il legno-arredo con 15mila addetti si capisce qual è la principale storica connotazione di questa parte del territorio. Il distretto del mobile della Brianza (con una forte propensione all’export) rappresenta un’eccellenza oltre che essere tra i distretti più rappresentativi del territorio.

C’è poi la parte a est, quella vimercatese basso orientale. Storicamente quest'area, con Vimercate capoluogo della Martesana e maggiormente legata a Milano, ha avuto vocazione contadina e al commercio (il mercato di Vimercate da cui ha origine il nome Vicus Mercati è in assoluto uno dei più antichi di Lombardia). In quest'area si sono sviluppate le filande e le tessiture fino agli anni 60 per poi lasciare spazio ai primi insediamenti di aziende informatiche e di telecomunicazioni. Si parlava di vocazione al commercio, una voce importante del territorio. E' il secondo comparto, dopo la manifattura, con 57 mila addetti e pesa per il 21% sul territorio.

Villa Reale di Monza
Quello brianzolo rappresenta l'8% del tessuto produttivo lombardo pur disponendo di un territorio che si estende per meno del 2% della regione.

C'è poi la Brianza collinare, quella lecchese e comasca, quella con le Ville Patrizie quella in cui si mescolano le caratteristiche a cui facevano cenno sopra. In Brianza è elevata la concentrazione dei settori della meccanotronica che va dalla meccanica all'elettronica spaziando per il metallo fino alle apparecchiature elettriche e all'automotive. Ma la Brianza, come accennavo, è fatta soprattutto dai brianzoli. Gente pratica che appare spesso un poco burbera ma che in realtà nasconde una forte propensione alla generosità nonostante l'innata parsimonia. La parsimonia è nel Dna del brianzolo, fa parte della sua cultura perchè il brianzolo non butta niente, reinventa. Lo fa nella quotidianità e lo fa anche nel sistema industriale.

Qui si concentra il quarto comprensorio metalmeccanico d'Italia dopo Milano, Torino e Genova.

Se pensate alle dimensioni degli altri comparti capite di che pasta sono fatti i brianzoli. La Brianza è terra di lavoratori ma anche di ciclisti, alpinisti, sportivi. Il monte Resegone (unico con la sua forma a "resega") è la stella polare di ogni brianzolo che si rispetti. I Corni di Canzo da sempre metà per le "prime" arrampicate, perché fondamentalmente al brianzolo piacciono le sfide come a Walter Bonatti che lavorava alla Falk per andare ad arrampicare alla domenica o come i Ragni di Lecco, unici e celebri in tutto il mondo per le loro imprese e punto di riferimento per i brianzoli escursionisti. Sì perchè è difficile tenere fermo un brianzolo, "al sta mai cui man in man" più ancora del milanese. 

La Torre di Teodolinda, situata ad arco della strada lungo via Lambro a Monza

La Brianza è anche una terra da scoprire per la bellezza dei suoi colli, per l'unicità di Montevecchia, per i suoi laghi (Alserio, Pusiano, Annone, Montorfano, Segrino), i suoi fiumi Lambro e Adda. Una terra che regala scorci magnifici (la Vergine delle Rocce e forse la Gioconda di Leonardo), una terra in cui c’è il parco cintato più grande d’Europa.

Una terra che concentra oltre 74mila imprese che occupano 273 mila addetti e che nel 2019 hanno prodotto 24,6 miliardi di valore aggiunto e 9,7 miliardi di euro di export.

Sì perché i tanto chiusi brianzoli hanno fatto crescere del 34% l'export negli ultimi 10 anni. La Brianza è talmente un concentrato di "lavoro" che si rischia sempre di tralasciare settori che sono tutt'altro che marginali: la farmaceutica con 19 imprese occupa 2 mila addetti ed esporta per 647 milioni. Sul fronte export c'è anche il comparto chimico con 147 imprese che generano 1,3 miliardi di euro e impiegano 3.900 addetti. Ora con la pandemia anche il sistema brianzolo si è inceppato, specie l’export.

Il Covid-19 si è abbattuto con violenza sul territorio di Monza e Brianza tanto che l’export tra gennaio e settembre 2020 ha fatto segnare un -10,2% pari a una perdita di fatturato di 730 milioni di euro. La fase che ci attende si spera possa essere di rilancio per l’economia oltre che occasione per rivedere strategie non solo aziendali ma anche di territorio.

Il dinamismo è sempre stato il punto di forza di imprese e lavoratori brianzoli, a loro il mio ultimo pensiero perché la forza lavoro è l’ulteriore elemento che qualifica questo territorio.
 
 
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