La fantascienza a portata d'impresa

Lo sviluppo di tecnologie di realtà aumentata e virtuale può rappresentare un abilitatore dirompente per molte applicazioni utili alle aziende.

a cura di Luca Zorloni

13 luglio 2020

Guasto in azienda: un macchinario si è inceppato. La produzione rallenta, si cercano le cause, parte la richiesta di assistenza. Il tecnico, però, non può arrivare subito. Tocca aspettare, perché è faccenda che non si può risolvere al telefono. E di ora in ora, il danno per l'impresa aumenta. Ipotizziamo, invece, che qualcuno possa mostrare in diretta il problema all’assistenza. Un addetto sul campo, attraverso un visore dotato di telecamere ad alta definizione, trasmette la situazione al tecnico da remoto, che a sua volta lo guida, condivide informazioni e documenti tecnici

Da tempo si discute di quanto le tecnologie di realtà aumentata (Ar, come nel caso appena descritto) e di realtà virtuale (Vr) possano avere un impatto positivo sull’operatività delle aziende.

Secondo uno studio di Klecha & Co, banca di investimento specializzata in tecnologia, a livello mondiale nel 2023 la spesa delle aziende per sistemi di Ar e Vr raggiungerà i 121 miliardi di dollari. Tre volte tanto il volume della spesa per il segmento consumer. Ma come integrare al meglio questi strumenti all’interno del processo aziendale? Ipotizziamo che una situazione come quella descritta non avvenga in un giorno qualsiasi, ma in un periodo in cui la mobilità dei tecnici è ridotta, come durante l’emergenza coronavirus, e che l’impianto sia strategico. La differenza tra avere a bordo o meno queste tecnologie è notevole.

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In realtà, Ar e Vr sono più diffuse di quanto pensiamo. Specie in tante applicazioni che utilizziamo quotidianamente sullo smartphone.

“Pensiamo ai cataloghi, al virtual makeup, alle app per provare vestiti o accessori, ai filtri fotografici. Queste tecnologie sono entrate dal telefono quasi in sordina, ma sono state accettate perché su uno strumento con cui si ha confidenza”, spiega Roberto Del Ponte, senior manager di Infinity Reply, azienda italiana leader nei processi di trasformazione digitale.

Dall’intelligenza artificiale alla blockchain, dalla sicurezza informatica all’Internet delle cose, la multinazionale, testa a Torino ma uffici in quattordici Paesi, sta sviluppando soluzioni per far avanzare le imprese in vari settori. E la realtà virtuale o aumentata è tra queste. Reply ha a Milano un laboratorio che lavora su Vr e Ar, specie in ambito industria 4.0. Altri centri sono a Torino, Monaco e negli Stati Uniti. 

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Il Covid-19 ha rappresentato, anche in questo caso, un punto di rottura. “Il cambiamento è stato repentino e c’è stata una forte richiesta di due tipi di servizi: uno più tecnico e uno più commerciale”, spiega Del Ponte.

Il primo caso è quell’assistenza da remoto, che il blocco degli spostamenti a causa del coronavirus ha reso più urgente. Il secondo invece riguarda “la soppressione degli eventi che ha spinto a cercare soluzioni alternative per avere un contatto diretto con i clienti e replicare la realtà”, aggiunge il manager.

Se la prima immagine che viene in mente è quella di grandi feste fantascientifiche, dove l’avatar dell’utente comodamente seduto sulla poltrona di casa viaggia per mondi e luoghi ricostruiti in digitale, in verità “è più interessante l’applicazione a livello professionale per la condivisione di informazioni”. Pensate, per esempio, a una videoconferenza nella quale ogni partecipante non si collega dallo schermo del proprio pc, ma si trova immerso in un luogo virtuale comune, dove può interagire in modo naturale, come farebbe dal vivo, ma con “effetti speciali”. Se, per esempio, uno studio di architettura volesse presentare un progetto, potrebbe trasportare il cliente direttamente all’ interno dell’edificio, facendogli vivere l’esperienza di muoversi in quel luogo. 

Reply e la realtà virtuale

Il settore è in veloce evoluzione. Per Del Ponte, sul fronte dell’Ar il trend è quello di creare “piattaforme che consentano alle aziende di predisporre in autonomia i contenuti”. Snellire il processo e consegnarlo, “chiavi in mano”, alle imprese, con sistemi che consentano di dialogare con altri programmi.

Detto in altre parole: rendere la realtà aumentata semplice come aprire un blog o creare una presentazione.

La seconda direttrice riguarda la saldatura con altre tecnologie, “come computer vision e machine learning”, spiega Del Ponte. Queste abilitano la possibilità di riconoscere situazioni, processi, luoghi e di restituire informazioni all’utente che indossa il visore.

Facciamo un esempio: quando l’operaio si trova davanti al macchinario, attraverso il visore Ar può interrogare contatori direttamente sul posto e, richiamando i manuali, verificare che i parametri siano corretti. Il dato viene mostrato solo a chi è autorizzato, altrimenti resta protetto. A tendere si arriverà a un Ar cloud, ossia alla possibilità di associare in modo permanente dati digitali a un luogo fisico.

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Il terzo fattore riguarda l’hardware, ossia i visori. “La realtà virtuale è tecnologicamente più matura rispetto alla realtà aumentata – afferma Del Ponte – tuttavia in entrambi i casi il tasso di diffusione è ancora basso”. A eccezione dell’uso su mobile, che è “molto utile per l’accesso a informazioni rapide e puntuali”, precisa l’esperto.

Tuttavia le prestazioni più ambiziose si ottengono con i visori olografici. La loro evoluzione va verso una maggiore ergonomia e una più ampia miniaturizzazione, per renderli più comodi per chi li indossa. Pensiamo all’assistenza da remoto: serve uno strumento agile, che consenta all’operatore di tenere le mani libere. In questo modo i visori potrebbero avere un’adozione più ampia, anche in settori in cui “vedere come fare le cose” è molto utile, come la formazione professionale. Anziché consultare un manuale o seguire un video, l’allievo apprende sul campo, facendo operazioni guidate tramite l’Ar.

L’ultima variabile è il 5G, il nuovo standard di comunicazioni mobili, che abiliterà sensoristica diffusa e reti più resilienti capaci di trasmettere i pacchetti di informazioni necessari per la realtà aumentata in primis, e successivamente per la realtà virtuale.

La rivoluzione è alle porte e per Dal Ponte, “l’Italia non è in una posizione arretrata, ma guarda avanti. Rispetto ad altri Paesi cambia il contesto applicativo, più focalizzato sul manifatturiero, e la capacità di spesa è in scala”
 
 
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