Caratteristiche del sistema energetico italiano

In Italia le fonti primarie di energia sono soprattutto estere. Le importazioni coprono circa l’80% del fabbisogno nazionale.

Sul totale dell’energia importata, la quota principale è quella del petrolio (54% dell’import nel 2017), anche se il peso del gas è aumentato molto negli ultimi anni (dal 17% nel 1990 al 36% nel 2017).

Pur ancora limitato, il peso della produzione nazionale è in aumento: dal 15% del 1990 al 19% del 2017 (+46%). La crescita della produzione nazionale è stata legata soprattutto all’incremento delle rinnovabili (dal 25% del 1990 al 72% del 2017), mentre il gas nazionale è sceso dal 56% al 12%.

La riduzione del peso delle importazioni all’interno della struttura delle fonti primarie ha permesso di diminuire la dipendenza energetica dall’estero. L’indice di dipendenza è in contrazione dal 95% del 2000 al 73% del 2017. 

La significativa riduzione dell’intensità energetica dell’economia italiana riflette sia il mutamento della struttura settoriale dell’economia sia l’introduzione di tecnologie di risparmio energetico.

* Importazioni nette in rapporto ai consumi interni lordi
** Rapporto tra consumi finali e PIL a valori concatenati, indice 2010=100

L’industria ha ridotto i suoi consumi energetici (-27%) e ha ricomposto le fonti di approvvigionamento: meno gas naturale (-32%) a fronte della tenuta dei consumi di energia elettrica, anche autoprodotta grazie all’investimento in impianti solari.

Anche la domanda legata ai trasporti è diminuita come conseguenza della crisi, sebbene in misura inferiore (-10%). La flessione in questo comparto ha comportato soprattutto una diminuzione dei consumi di benzina (-28%).

Più stabile, infine, la domanda degli altri settori, che include al proprio interno i consumi delle famiglie, al netto dei trasporti.

L’interscambio con l’estero dei flussi di energia espressi in valore esplicita la bolletta sostenuta dalla nostra economia. Nonostante la diminuzione della dipendenza energetica, l’Italia mantiene un saldo degli scambi con l’estero ampiamente in rosso. Negli ultimi anni, al miglioramento dell’interscambio in volume si è contrapposto un aumento dei prezzi, sia pure con ampie oscillazioni. Il picco per le importazioni in valore è stato raggiunto nel 2012, a 84,6 miliardi di euro, il 5,2% del Pil, con un deficit di 63,2 miliardi. 

Il deficit si è poi più che dimezzato (-58% al 2016), per poi risalire a 41,4 miliardi nel 2018, seguendo le forti oscillazioni delle quotazioni del greggio.

 
 
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