Il lavoro più bello del mondo

La verità del quotidiano, le difficoltà, gli stress, i sacrifici e le soddisfazioni che il mestiere dell’imprenditore riserva raccontati attraverso il linguaggio del cinema.

speciale: Assemblea Assolombarda 2019

Il film “L’Impresa di servire l’Italia” è uno spaccato di vita “vera” in stile documentaristico, che sottolinea i valori del coraggio e della consapevolezza del ruolo sociale dell’imprenditore. Il tutto raccontato attraverso le azioni, più delle parole, di un uomo come tanti altri: normale e fuori dall’ordinario.

Cuore di Milano, la Scala, storico Tempio delle Meraviglie. Così l'aveva definita in un documentario il regista Luca Lucini. E ora una meraviglia, qui, l'ha messa in scena: l'abilità e la sostanza del cuore, pulsante, brillante, quasi magica, dell'imprenditore. L'Assemblea Generale 2019 di Assolombarda, dopo i saluti istituzionali, si è aperta a sorpresa con un film di 8 minuti: “L'impresa di servire l'Italia”.

Il cinema, settima arte, racconta ciò che alla letteratura risulta un po' difficile, in un Paese come il nostro, dove l'ideale intellettuale si dissocia sempre dai temi della crescita, del mercato, dello sviluppo. Eppure, addirittura un “miracolo economico”, la trasformazione del Paese da agricolo a industriale negli Anni Sessanta, si sarebbe dovuto apprezzare. Ma la stessa etichetta di “miracolo”, attribuita all'allora sviluppo economico rapidissimo, allude all’inatteso, al casuale.

Allude alla fragilità di quell'Italia innamorata della vita e delle sue passioni, talentuosa, frenetica. Fatta di italiani che non facevano altro che ingegnarsi e faticare, senza troppe furberie e scorciatoie. Potente, semmai, il ricordo di quel passato prossimo carico di futuro. Un futuro che non finiva mai. Mentre “il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta”. Lo dicono quanti subiscono lo sconforto di una globalizzazione che li vede sconfitti. Incapaci di adeguarsi alla rivoluzione demografica e high tech mondiale. Mestamente, ripetono ciò che la crisi degli Anni Trenta faceva dire allo scrittore francese Paul Valéry. E poi è diventato di moda dire in ogni tempo di crisi. Refrain usurato. Basta.

“Non c'è delusione, freno, ostacolo che possa impedirci di continuare a fare ciò per cui esistiamo: svolgere la nostra missione. Che non è solo quella di produrre utili da distribuire ai soci. È di realizzare crescita, lavoro, reddito. Le basi di ogni coesione sociale. Di cui impresa e lavoro sono i protagonisti, con il terzo settore. A darci forza ogni giorno è innanzitutto una certa idea dell'Italia. Un'idea dell'Italia che unisce tutti in un grande patrimonio condiviso. Non solo storico, letterario, artistico e monumentale. Un patrimonio di valori comuni, di umanità, reciproca comprensione e di apertura verso il mondo”. L’italianissima cultura imprenditoriale ha trovato la sua legittimazione alla Scala, espressa dalle parole del presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi. Preceduto dalle riflessioni affidate ad Andrea Meranti, il protagonista del cortometraggio.

Un imprenditore, Andrea, puro e lucido. Paradigmatico. Il volto credibile dell'attore Filippo Nigro. Il linguaggio senza infiorettature, che scandisce tanto il flusso dei suoi pensieri come la conference call con i suoi stretti collaboratori, lo ha tratto dalle circostanze della vita l'autore del soggetto e della sceneggiatura, Mauro Belloni. Il quale ha pure curato il video “We are a land of light” per la candidatura al CIO del tandem Milano-Cortina 2026. Evidentemente, propizio.

Nel nuovo short movie per Assolombarda, l'interprete “celebra”, durante un trasferimento in auto, il compimento dei 50 anni facendo un bilancio della propria vita. Sacrifici e soddisfazioni. Soprattutto, guidando, s'interroga sulle ragioni, consce e inconsce, che l'hanno portato a diventare imprenditore. A fare “il lavoro più bello del mondo”, concluderà. Nonostante, pure nel giorno del compleanno, conflitti e dilemmi, ostacoli anche burocratici, e i timori persino di chi lo affianca invitandolo a delocalizzare il nuovo investimento, facciano da freno al coraggio e all'entusiasmo. Passioni che lui però continua a rivendicare, orgogliosamente. Pur nella solitudine, simbolica, dell'abitacolo dell'automobile, resta convinto che la sua è “l'impresa di servire l'Italia”. Lo potrebbero raccontare tanti altri imprenditori. In tante altre storie individuali.

La conclusione dell'intervento del Presidente Bonomi dilata il significato del titolo dato al film, poco prima proiettato. E offre, conseguentemente, una risposta al senso di solitudine messo in evidenza nella sceneggiatura. Dopo l’assolo, come nell’orchestrazione musicale, il coro: “Abbiamo qui a Milano un modello di cooperazione che ha una radice storica antica. È il metodo che ci ha portato a vincere su Expo 2015, prima, durante e dopo l’evento. Fino a Human Technopole che è già nata e sarà eccellenza scientifica e diagnostica del domani, al servizio della sanità pubblica e del benessere di tutti. E che ci è valso la vittoria per la candidatura alle Olimpiadi Invernali del 2026, insieme a Cortina. È il metodo che ora ci vede avanguardia d'Italia nelle filiere come le scienze della vita, nel design come nell'intelligenza artificiale, nella presenza di multinazionali come nelle start up knowledge intensive. È questo il cuore del Nord del cui successo noi siamo avidi difensori, ma che noi vorremmo esteso a tutta l'Italia”.

 
 
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