Nella sceneggiatura di Pietro Germi per il film “Amici Miei” di Mario Monicelli (1975) è contenuta una pennellata di conoscenza profonda dell’animo umano e delle caratteristiche che rendono unica l’Italia nel mondo, le genialità.
“Che cos’è il genio?”, si chiedeva la voce fuori campo di uno dei personaggi, il giornalista Giorgio Perozzi. “Il genio è fantasia, intuizione, decisione e velocità d'esecuzione”.
Ama dire un imprenditore milanese di successo, Giorgio Squinzi: l’Italia è povera di materie prime ma vi si trova l’unica materia prima che non basta mai, la materia grigia. Ed è genialità italiana quella che viene declinata nelle storie della filiera dell’energia.
Capitolo fantasia. Pochi mesi fa, era il gennaio scorso, mi telefonò una persona che non conoscevo.
“Giliberto – mi propose – se vuole vedere in prima persona che cosa significa in pratica la locuzione filiera dell’energia venga a vedere l’aereo che stiamo caricando in aeroporto”. L’interlocutore è amministratore delegato di una primaria azienda milanese di ingegneria, è fornitore dell’Eni e della Maire Tecnimont, in gennaio insieme con altre aziende in un aeroporto dell’Alta Italia stava organizzando l’invio di un intero cargo di materiali destinati a un investimento upstream dell’Eni in America del Nord.
Casse e pacchi pieni di compressori, attuatori, manometri, quadri elettrici, tubazioni, valvole e saracinesche, flange, guarnizioni. Dentro a quell’acciaio sagomato in forma di apparecchiature c’erano intelligenza, fatica, studio, esperienza.
In giugno ho ritrovato quelle competenze, quelle storie di vita e di lavoro, quegli anni di applicazione sui libri e nei cantieri quando ad Addis Abeba ho incontrato l’Enel alla ricerca di nuovi investimenti per le energie rinnovabili in Africa: con la società italiana si muoveva nel mondo la filiera italiana delle imprese dell’energia. È la fantasia di saper partire senza guardarsi indietro, a dispetto delle burocrazie assillanti e delle normative occhiute.
La genialità dell’impresa italiana, capitolo intuizione. Quando è stato scoperto Zohr a qualcuno è parso un miracolo, a qualcun altro invece è parso il frutto meritato di anni di fatiche di studi. Che cos’è Zohr? È il nome di un giacimento colossale di metano, la più grande scoperta di gas mai realizzata in Egitto e nel Mediterraneo con circa 850 miliardi di metri cubi di metano. Si trova al largo del delta del Nilo e di fronte a Porto Said, dove sfocia il canale di Suez.
L’area mineraria si chiama Shorouk e sul suo mare opaco e deltizio per una decina d’anni un gruppo di colossali compagnie petrolifere vi avevano cercato giacimenti fra le sabbie mioceniche tipiche della geologia del luogo. Vi perforarono addirittura 9 pozzi: esiti deludenti.
Poi è arrivata l’Eni. Ed ecco quella componente formidabile rappresentata dall’intuizione geniale. I dati geologici studiati invano dalle altre compagnie sono stati affidati al centro colossale di supercalcolo del Cineca a Casalecchio di Reno. Il cervellone – uno dei più potenti al mondo – ha metabolizzato l’enormità di dati e ha detto: cercate in questa struttura carbonatica di 10 milioni di anni fa, sotto questo “patatone” gigante nascosto nel fondale.
Ed ecco spiegato perché l’Eni, edotta da questa intuizione esaltante, abbia voluto dotarsi di un centro di supercalcolo nel polo di Sannazzaro-Ferrera, nella Bassa pavese: la conoscenza è stata e sarà lo strumento che ha fatto la differenza nel caso di Zohr e fa sempre la differenza quando si compete sui mercati.