Si tratta di personalità che le hanno commissionate a noti architetti, oppure che le hanno rilevate e fatte rivivere, spesso apportando modifiche che tuttora le impreziosiscono e caratterizzano. 

Alcune di queste dimore sono visitabili, a seguito della donazione delle famiglie proprietarie alle amministrazioni, oppure al Fai. Sono veri gioielli ben conservati che permettono ai visitatori di ripercorrere la storia dell'architettura e del design degli anni in cui sono state progettate, di rivivere gli ambienti originali dell'epoca, ammirando pezzi unici.

Ecco una selezione di ville aperte al pubblico grazie alle volontà degli imprenditori a cui sono appartenute e che hanno deciso di restituirle alla collettività.

 

Villa Necchi Campiglio

Icona del déco anni Trenta nel cuore di Milano, a Palestro, è un bene del Fai e custodisce le collezioni di Claudia Gian Ferrari, gallerista milanese che, ancora in vita, volle donare la sua raccolta privata alla Villa di via Mozart, e quella del collezionista Guido Sforni, che raccoglie una serie di lavori su carta di alcuni dei più rappresentativi artisti italiani e stranieri attivi nella prima metà del secolo scorso. Ma la Villa ha un forte legame anche con Assolombarda: infatti, contiene anche opere appartenute a Emilietta e Alighiero de’ Micheli: industriale nell'azienda di famiglia di tessuti elastici, è stato Presidente dell’Associazione milanese dal 1947 al 1955 e di Confindustria dal 1955 al 1961, oltre che della Pinacoteca di Brera e del Museo Poldi Pezzoli.

Circondata da un tranquillo giardino appartato, campo da tennis e piscina, fu progettata tra le due guerre dall'architetto Piero Portaluppi su incarico delle sorelle Nedda e Gigina Necchi e di Angelo Campiglio, marito di quest’ultima, esponenti di una borghesia lombarda colta e attiva nell'industria: operavano nella produzione delle ghise smaltate e delle macchine da cucire. 

Il piano nobile con ampi spazi per la socialità e il piano superiore con la zona notte sono stati pensati per padroni di casa che amavano circondarsi di amici e al passo coi tempi. Solo così si spiega la palestra e la sala per le proiezioni, non convenzionali negli anni Trenta. Ma anche ascensori, citofoni, montavivande. Marchingegni all'avanguardia, per l'epoca. La residenza è anche famosissima per gli arredi déco e i pezzi d'arte provenienti dalle collezioni: da Tiepolo e Canaletto fino a Sironi e De Chirico, Picasso, Fontana, Modigliani, Matisse. La villa oggi è aperta a tutti dalle 10 alle 18, chiusa lunedì e martedì.

 

Bicocca degli Arcimboldi

Anche una residenza antica come la Bicocca degli Arcimboldi, costruita a fine Quattrocento come villino di campagna della famiglia omonima, lega ora il suo nome a una famiglia di industriali, i Pirelli. Sorge infatti in zona Bicocca, al centro dell'headquarter dell’azienda. 

Si presenta come un fortino, una piccola roccaforte in mezzo al verde suburbano di Milano di allora. Conserva magnifici cicli di affreschi del XV secolo, che riflettono l'ideale di divertimento e lo stile di vita delle nobili famiglie milanesi nel periodo di Ludovico il Moro. 

Nel Novecento la Bicocca degli Arcimboldi passò alla proprietà della famiglia Pirelli e venne restaurata prima da Luca Beltrami, autore anche del rifacimento della torre centrale del Castello Sforzesco, e poi da Piero Portaluppi, architetto tra i più importanti della Milano degli anni Trenta. I Pirelli destinarono la villa a funzione di Museo della Gomma e di asilo per i figli dei dipendenti della propria fabbrica. Attualmente ospita riunioni e sale di rappresentanza.

 

Casa Crespi

In zona Sant'Ambrogio a Milano si trova Casa Crespi, costruita a fine anni Venti dall'ingegner Erminio Alberti per l'imprenditore Fausto Crespi, a capo di aziende che producevano arredi di metalli per uffici, ospedali e navi. La casa sorge proprio dove si trovava lo stabilimento produttivo e Crespi la scelse come dimora per sé, la moglie e i cinque figli. Si tratta di una palazzina borghese anni Trenta, rimasta intatta nell'architettura e negli arredi, che racconta la storia e la quotidianità della vita di una borghesia schiva e colta.

Tutto è rimasto intatto: i pezzi d'arte – tra cui sculture del Quattrocento lombardo, quadri del Seicento romano e moltissimi preziosi libri antichi – le suppellettili, i pavimenti, gli arredi sono quelli originali. Gli eredi della famiglia Crespi l'hanno donata al Fai ma al momento non è visitabile al pubblico. Tra le poche modifiche apportate negli anni, da segnalare che Fausto Crespi, appassionato musicista, fece demolire un bagno di servizio al primo piano per far posto a un organo a 1500 canne.

 

Villa Campello

Lasciando Milano e spostandosi in Brianza, un'altra pregevole dimora storica aperta al pubblico è Villa Campello ad Albiate, che ora ospita la sede del municipio. La sua costruzione avvenne agli inizi del secolo scorso – dal 1902 al 1907 –, su progetto dell’architetto Giuseppe Gmur.

Inizialmente fu abitata da Michelangelo Viganò, proprietario di un'importante filatura della zona, insieme a sua moglie Serafina Boleri. I due si occuparono anche della progettazione del parco, ispirandosi alla Villa dell’Orlanda a Rancate, dimora abituale dei Viganò. Fonde al suo interno diversi stili architettonici, che spaziano dal Rinascimentale fino al Neoclassico, ma il vero punto forte è il parco, ora aperto tutti i giorni: ospita alberi secolari, tra cui faggi, tigli, ippocastani, araucarie e cedri. Si estende su una superficie di circa 5mila metri quadri e all'interno comprende anche un alloggio per il custode ed una casa colonica.

Il parco di Villa Campello è aperto al pubblico da lunedì a venerdì ore 7.30-20, il sabato ore 7.30-19 e la domenica ore 8-19.

 

Villa del Balbianello

Una delle più note e scenografiche residenze sul lago di Como è Villa del Balbianello, lasciata in eredità al Fai nel 1988. Si allunga a picco sulla rocca che sovrasta le acque del Lario e la sua bellezza ha affascinato dal XVIII secolo migliaia di persone provenienti da tutto il mondo che continuano ad ammirarla, compresi diversi registi di Hollywood che hanno deciso di ambientare tra le sue mura episodi di Star Wars o 007.

A volerla fu il Cardinal Durini, letterato e mecenate, che a fine Settecento scelse questo angolo per farne un ritiro di svago letterario. A Novecento inoltrato l'imprenditore, collezionista ed esploratore Guido Monzino – figlio di Franco Monzino, il fondatore dei grandi magazzini Standa – la rese il rifugio dove conservare i ricordi di una vita avventurosa che lo condusse, primo italiano, in cima all’Everest. Tutti i suoi cimeli sono conservati tuttora nel Museo delle Spedizioni, all'interno della Villa. Il giardino è un gioiello che contribuisce a renderla unica tra scorci romantici, terrazze con statue, le fioriture, i viali alberati fino alla Loggia settecentesca.

Aperta da venerdì 15 marzo 2019 a lunedì 6 gennaio 2020 tutti i giorni tranne i lunedì e i mercoledì non festivi, dalle 10 alle 18.