Società benefit, un nuovo modo di fare impresa

a cura di Riccardo Oldani

23 dicembre 2021

C’è un modo differente di fare impresa, che non ha soltanto tra le proprie finalità il business ma anche di generare ricadute positive per la società e per l’ambiente. Sono tanti gli imprenditori che perseguono questi obiettivi, ma la loro difficoltà è distinguersi in un mondo in cui tutti, a diversi livelli, valorizzano il loro impegno in tal senso. Esistono però strumenti per indicare in modo preciso al pubblico, ai clienti e agli investitori la propria volontà di operare anche per il bene comune. Uno di questi, tra i più efficaci, è dare alla propria azienda la forma giuridica di società benefit.

L’Italia prima e unica in Europa

Ci spiega di che cosa si tratta Nicoletta Alessi, un’esperta nell’accompagnare le imprese che vogliono intraprendere questo percorso, laureata in filosofia, con un lungo impegno nel terzo settore e l'esperienza maturata occupandosi di CSR e sostenibilità per l’azienda di famiglia. «Le società benefit», spiega, «sono una forma giuridica prevista dall’ordinamento italiano che l’ha introdotta, per primo in Europa, con la Legge di Bilancio del 2016. Al momento siamo anche gli unici nel Vecchio Continente a prevedere questo tipo di imprese, da tempo invece riconosciute in molti stati degli Stati Uniti e in diversi Paesi dell’America Latina».

Operare per il beneficio comune

Ma che cosa sono le società benefit? «La nostra normativa», dice Alessi, «le ha introdotte per dare una collocazione formale a quelle imprese che non perseguono solo uno scopo di lucro ma anche ciò che la legge definisce “finalità di beneficio comune”. Vogliono cioè realizzare un impatto positivo sulla società. Si tratta di aziende “normali”, come Spa o Srl, che vogliono però oltre agli utili creare valore per gli stakeholder, prendendosi innanzi tutto un impegno generale a essere sostenibili e responsabili nei confronti di tutti gli interlocutori sociali e dell’ambiente, e poi inserendo nel proprio statuto finalità specifiche di beneficio comune che definiscono il modo con cui l’impresa, attraverso il suo business, si impegna a creare valore per la società». Parliamo, insomma, di società che, pur restando a scopo di lucro, integrano scopi di impatto finora tipici solo delle organizzazioni non profit. Le finalità di beneficio comune, una volta che sono inserite nello statuto dell’impresa, diventano anche un impegno vincolante per gli amministratori.

Società benefit, un nuovo modo di fare impresa

Relazione d’impatto e controlli

Le società benefit non sono soggette a percorsi di audit o di controllo da parte di enti terzi. «Devono soltanto produrre», spiega Alessi, «una relazione di impatto annuale che costituisce una rendicontazione dettagliata delle azioni intraprese per conseguire gli impatti positivi. Oggi non è previsto che questa relazione venga sottoposta a audit, ma è possibile farlo su base volontaria». Esiste però una vigilanza, esercitata da Agcom, l’autorità garante per le comunicazioni che, dice ancora Alessi, «deve verificare che non sussistano abusi rispetto al vantaggio di mercato ottenuto da una società benefit nel momento in cui comunica al pubblico il suo impegno positivo». Insomma, deve in qualche modo sussistere una corrispondenza tra quanto l’azienda dichiara di fare sul piano sociale e ambientale e quanto realmente fa, per non ottenere vantaggi impropri rispetto alla concorrenza.

I vantaggi sul mercato

Ma quali sono, allora, questi plus? Non sono tangibili, come per esempio incentivi o sovvenzioni concessi dallo stato, che non sono in alcun modo previsti. Si tratta invece di vantaggi intangibili che derivano dalla nuova sensibilità per certi temi che si è ormai diffusa a livello globale. «Ormai vediamo chiaramente», dice Alessi, «come gli investitori considerino l’impegno sociale o ambientale di un’impresa per finanziarla o come le nuove generazioni di laureati e i talenti preferiscano lavorare in aziende di questo tipo. Anche i consumi si stanno sempre più orientando verso prodotti realizzati in modo equo e sostenibile».

Un nuovo scenario

Ma c’è anche un ragionamento più profondo. «Darsi la scelta manageriale di diventare una società benefit», osserva Alessi, «aiuta l’azienda anche a definire meglio i propri obiettivi, a dare alla propria attività un preciso posto nel mondo e a darsi un’identità molto più precisa sul mercato. Non è solo un fatto idealistico, perché impone scelte gestionali ben precise. Una società benefit si pone più obiettivi rispetto a una tradizionale, deve tenere conto di più variabili e deve usare strumenti gestionali diversi per prendere le proprie decisioni». Cambia, insomma, tutto lo scenario in cui l’azienda opera, perché sono diverse e più varie le finalità rispetto a un’impresa tradizionale. 

Cultura che cambia

Anche perché le sensibilità cambiano. Ciò che qualche decennio fa era considerato equo e giusto nei confronti dei lavoratori o delle comunità ora potrebbe non esserlo più. Viviamo insomma immersi in un continuo cambiamento culturale, che poi costituisce il campo d’azione in cui operano le aziende, a cui le società benefit fanno riferimento con un’attenzione molto maggiore rispetto a quelle tradizionali. 

È un’attenzione che consente anche di percepire prima degli altri i cambiamenti e di essere più pronti nel reindirizzare obiettivi e finalità. Insomma, una società benefit, oltre che più giusta, ha probabilmente anche una maggiore capacità rispetto alle altre di interpretare le nuove esigenze del mercato e di proporre delle risposte vincenti.

L'impresa e la creazione di valore sociale sono stati temi al centro di TOP500+ Monza e Brianza, tenutosi il 13 dicembre 2021 e che è stato un momento di confronto e un'occasione di riflessione tra istituzioni e mondo imprenditoriale sull’andamento e sulle previsioni economiche del tessuto produttivo del territorio.

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