Carenza di materie prime: recuperare e riciclare, così i residui produttivi e di consumo diventano valore per le imprese

a cura di Rosella Redaelli

18 novembre 2021

Quando si dice fare di necessità virtù. Pare il paradigma dell’industria italiana che, in mancanza di materie prime, ha sempre puntato sull’innovazione per il riciclo dei materiali, la valorizzazione dei residui produttivi e di consumo.

“Siamo leader in Europa nel riciclo industriale - conferma Riccardo Bellato, presidente del Presidente del GREEN ECONOMY NETWORK, Vice Presidente del Gruppo Chimici di Assolombarda e Presidente di Nitrolchimica, azienda che da 45 anni opera nella rigenerazione e recupero dei solventi esausti e nello smaltimento ecologico di rifiuti pericolosi - questa capacità di innovare ha portato l’industria italiana, in diverse occasioni, addirittura ad anticipare gli orientamenti decisi a livello nazionale o a livello comunitario. Con evidenti effetti benefici indiretti, tra cui la minor dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime e il minore impatto in termini di emissioni climalteranti, derivanti proprio dalla riduzione della fase di approvvigionamento”.

Quale può essere il contributo dell’industria quando si parla di economia circolare?

È necessario consolidare le performance, valorizzando il contributo dell’industria. In questo senso, ritengo che il driver di crescita non debba essere incentrato - esclusivamente - su un sistema di regolazione vincolante con limiti e divieti, bensì su meccanismi che incentivino condotte virtuose sotto il profilo ambientale

Secondo la sua esperienza come è possibile aiutare le imprese ad intraprendere un percorso di economia circolare?

È necessario un confronto con le istituzioni per utilizzare in maniera più efficiente le risorse ambientali e con Assolombarda stiamo sostenendo iniziative di simbiosi industriale e modelli economici “circolari” su base territoriale e nazionale. L’Associazione supporta le proprie associate nella promozione di strategie sostenibili legate all’applicazione di modelli circolari all’interno dei processi industriali. È quanto è stato fatto dal 2018 con il progetto CERCA (Circular Economy come Risorsa competitiva per le Aziende).

Di che cosa si tratta?

Con il progetto CERCA avevamo l’obiettivo di trasferire conoscenze alle imprese. Anche con il supporto di Regione Lombardia abbiamo trovato figure di raccordo tra le imprese e le istituzioni come l’”Angelo della Chimica” e grazie ad un rinnovato rapporto con gli enti autorizzativi, sono sati creati tavoli di lavoro specifici. Durante questa fase abbiamo constatato che l’attuazione di una economia pienamente “circolare”, incontrava barriere significative soprattutto tra le imprese di minori dimensioni, da un lato a causa della consapevolezza e della  conoscenza solo parziali di tutte le opportunità di risparmio, riutilizzo, recupero e riciclaggio di risorse e materie, dall’altro per le difficoltà di identificare e coinvolgere i partner nella filiera che fossero in grado di supportarle nelle azioni mirate a “chiudere” i cicli e, quindi, a ottimizzare l’uso delle risorse e minimizzare gli sprechi.

Nel 2020 il progetto è proseguito con CERCA2?

Su impulso della Comunità Europea il progetto si è rivolto soprattutto alle piccole imprese che fanno più fatica a comprendere i benefici operativi che ottiene chi decide di intraprendere un percorso di economia circolare a partire dalla progettazione dei prodotti. Adesso grazie ad un’informazione più diffusa tutti hanno capito che la circular economy è un’esigenza per restare al passo. Mettiamo a disposizione degli strumenti di analisi per valutare la circolarità delle imprese, azioni concrete nel rispetto dell’ambiente, migliorando prodotti, processi e reputazione, in virtù del fatto che una visione della sostenibilità non è più limitata a singoli progetti, ma è circolare includendo anche fornitori e clienti.

Carenza di materie prime: recuperare e riciclare, così i residui produttivi e di consumo diventano valore per le imprese

Che impatto ha avuto l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in tema di attenzione all’ambiente ed economia circolare?

Il Covid ha avuto certamente un impatto sulla gestione di rifiuti sanitari. Ci siamo trovati da un momento all’altro a dover gestire lo smaltimento di milioni di mascherine e presidi medici (guanti, camici…), per esempio. Però abbiamo anche capito che l’utilizzo della plastica monouso in alcuni ambiti è stato di fondamentale importanza; tanto che dopo averla demonizzata, oggi nella componente 1 del PNRR tra i progetti faro viene inserito anche il recupero chimico della plastica e mascherine e guanti ad esempio, sono esclusi dalla direttiva SUP (single use plastic products), imponendo così un ripensamento almeno ideologico sull’importanza che la plastica riveste in alcuni ambiti. Siamo stati bravi ad adattarci alla nuova situazione. Il Covid ci ha anche insegnato che le catene di approvvigionamento sono fondamentali, c’è chi è tornato ad una produzione più locale, è cambiata la gestione dei magazzini, si corre per avere delle scorte. E poi all’interno di alcuni settori come il Bio medicale abbiamo capito l’importanza di lavorare insieme, imprese, Centri di ricerca e Università per una produzione di alto valore aggiunto da riportare totalmente in Italia.

L’emergenza pandemica ci ha reso più sensibili ai temi della sostenibilità?

La sostenibilità – mai come in questa particolare situazione - ha l’obbligo di svolgere un ruolo di abilitatore per la creazione di valore condiviso e per la continuità dell’operatività delle aziende, proprio perché una mancata gestione degli aspetti ambientali, sociali e di governance rischia di essere un ulteriore onere finanziario per le imprese, sottoposte a una difficile prova dall’attuale contesto macroeconomico.

Quanto conta la fase di eco design, di progettazione di un prodotto in chiave di sostenibilità?

È fondamentale perché con una buona progettazione si può risparmiare anche il 60% delle risorse, sia per quanto attiene all’energia sia in chiave di riuso e riutilizzo del prodotto.

Quanto conta la comunicazione?

È un altro passaggio chiave. Un’azienda deve imparare a comunicare con i propri clienti, ma anche con gli stakeholder, come le banche o i fondi di investimento. Alle aziende diciamo di fare attenzione al Green Washing, di avere una sostenibilità certificata che abbia un peso anche nelle analisi finanziarie.

I cambiamenti che abbiamo messo in atto con l’emergenza sanitaria saranno duraturi, diventeranno la nuova normalità o ritorneremo alle vecchie abitudini?

Le imprese hanno capito che possono organizzarsi in modo diverso. Il cambiamento vale soprattutto per le piccole e le medie, perché nelle grandi, per esempio, lo smart working era già una realtà. Si tratta di un cambiamento culturale, tecnologico. Molte imprese lo renderanno più stabile possibile perché le persone tengono ora in grande considerazione la qualità della vita, il proprio tempo. Il modo in cui si può svolgere il proprio lavoro e la disponibilità di tempo stanno assumendo un rilievo sempre maggiore nella scelta del posto di lavoro.

 
 
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