Le quattro sfide del territorio lodigiano

“Lodigiano terra buona” recitava uno slogan degli anni Novanta. Un tentativo di strizzare l’occhio ai turisti di giornata e lanciare i prodotti agroalimentari di una provincia, di nuova istituzione, ritagliata su una terra fertilissima tra il Sud di Milano e il Po. Cosa è rimasto oggi, trent’anni dopo, di quello slogan? Poco verrebbe da dire, almeno secondo gli obiettivi iniziali. Ma tra la fine del secolo scorso e l’inizio degli anni Duemila l’economia lodigiana è cambiata, e tanto, e il tessuto produttivo ha assunto una fisionomia in parte differente.

Il Lodigiano resta una terra vocata all’agricoltura. Lo dicono i numeri delle aziende agricole attive e degli allevamenti, soprattutto bovini da latte e suini. Il Pil generato dal settore primario incide tuttavia solo relativamente sul dato complessivo provinciale, così come la forza lavoro che è in grado di generare è modesta. Eppure l’agricoltura lodigiana ha subito profondi miglioramenti. Investimenti importanti nella rigenerazione delle stalle, nuovi imprenditori giovani che si sono affacciati alla professione, l’introduzione di tecniche 4.0, lo sviluppo del biogas e in generale delle fonti di reddito differenti rispetto all’attività tradizionale. Rimane un problema di fondo: il territorio non è stato in grado di chiudere la filiera del latte e, fatte rare eccezioni di piccole dimensioni, il Lodigiano non ha attività industriali di ampio respiro. E così il latte, ma anche la carne suina, prendono la strada di province vicine.

Parlare di Lodigiano come di terra buona per coltivare sarebbe però estremamente riduttivo. Oggi in provincia di Lodi stanno conoscendo un grande sviluppo il settore della cosmesi e quello della chimica farmaceutica.

Accanto a industrie ormai storiche, che hanno lanciato il nome di Lodi nel mondo (il caso Erbolario ha fatto scuola), troviamo un fiorire di realtà nuove, che abbinano ricerca e produzione, con particolare attenzione al ramo della farmacia. È ancora presto per azzardare il termine “distretto” (anche se per la cosmesi nell’area Lodi-Crema vi sono alcuni elementi caratterizzanti) tuttavia l’intensificazione e la diversificazione in questi comparti sono un segnale positivo

Lodigiano - Panorama

Lodigiano terra buona, si diceva. Frase azzeccata, oggi, soprattutto per il settore dell’informatica. Il colosso Zucchetti, la prima software house italiana, ormai da alcuni anni svetta tra le prime aziende lodigiane per fatturato e anche nell’anno del Covid ha conosciuto uno sviluppo importante, anche sul fronte dei prodotti pensati per la telemedicina. L’azienda fondata da Mino Zucchetti e oggi guidata dai figli Alessandro e Cristina è in continua ascesa, lavorando su due fronti: la crescita interna e l’acquisizione di società esterne. E così, anno dopo anno, sta iniziando a incidere anche sul tessuto urbanistico della città. La sede principale ricavata dal recupero della vecchia torre sede della Provincia di Lodi (comunemente nota come “Pirellino”) ne è un esempio. 

Rimangono quattro sfide per la città e per il territorio.

La prima è superare il periodo d’oro della Banca Popolare di Lodi, quando l’istituto di credito arrivò a essere uno dei primi dieci in Italia. Interrotto bruscamente a metà del Duemila, il sogno di Lodi città della finanza si è sgonfiato. La Banca Popolare di Lodi è passata per due aggregazioni: prima con i veronesi del Banco Popolare di Verona e Novara e poi con i milanesi della Banca Popolare di Milano. Oggi Lodi è una delle sedi di Banco Bpm, conservando un polo direzionale, progettato da Renzo Piano, adatto a una banca di respiro nazionale. E proprio questo spazio, di eccezionale valore architettonico, merita di essere ripensato.

La basilica cattedrale della Vergine Assunta, nota come Duomo di Lodi

La seconda sfida riguarda la logistica, a Lodi come in altre province protagonista di una crescita esponenziale ma poco o nulla pianificata. Non si tratta di una peculiarità del Lodigiano, eppure il comparto dello stoccaggio e della distribuzione delle merci merita una riflessione, per l’impatto sulla geografia del territorio ma soprattutto perché in grado di generare una forza lavoro numericamente non irrilevante. L’obiettivo dei prossimi anni, quando l’e-commerce continuerà a svilupparsi, sarà dunque quello di riuscire a gestire in maniera armoniosa la realizzazione di futuri comparti logistici e la valorizzazione di quelli già esistenti ma in parte sottoutilizzati, garantendo particolare attenzione all’occupazione e alla qualità del lavoro.

La terza sfida è ridare fiato e prospettiva al settore delle costruzioni, un driver importante di sviluppo in grado di alimentare un indotto rilevante. Le ondate di crisi del 2007 e del 2011 non sono ancora state superate e i livelli occupazionali oggi sono sensibilmente contratti. Ma è possibile - anzi auspicabile - pensare che questo comparto possa trovare nuova linfa, uscendo dal perimetro locale per guardare alle opportunità che si verranno a creare con il sistema incentivante dei bonus statali e gli investimenti epocali del PNRR.     

Chiudiamo con la quarta sfida, che definirei di ambito territoriale. Lodi e la sua provincia devono ancora trovare il giusto equilibrio nei confronti di Milano, area vasta che offre lavoro e opportunità ma la cui vicinanza non è ancora stata sfruttata a pieno da Lodi come volano di sviluppo. E questo rappresenta uno dei nervi scoperti del territorio, sul quale il mondo economico e gli attori politici sono chiamati a interrogarsi. Se è vero che avvicinandosi troppo al sole si rischia di bruciarsi, è altrettanto vero che sarebbe stupido non sfruttare al meglio i suoi raggi.

Lodi città
 
 
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