Allarme infiltrazioni mafiose: nel mirino della criminalità i Fondi del PNRR

di Daniele Nepoti

12 ottobre 2021

L’ ultimo allarme arriva dalla Direzione investigativa antimafia. Nella recente relazione presentata al Parlamento emerge chiaramente che le mafie punterebbero all’arrivo dei fondi previsti per il PNRR. Un’opportunità per le organizzazioni criminali che potrebbero approfittare delle difficoltà delle aziende per infiltrarsi nel sistema imprenditoriale e nell’attuale periodo post pandemico per ottenere contributi a fondo perduto o accedere a finanziamenti a tasso agevolato.

Il Recovery Plan italiano prevede che nel corso di sei anni (2021-26) il nostro Paese disponga di 191,5 miliardi di risorse stanziate da Bruxelles (68,9 a fondo perduto, 122,6 a debito) a cui si aggiungeranno circa 30 miliardi del fondo complementare istituito dal governo e 26 miliardi destinate a opere specifiche. Si tratta, complessivamente, di quasi 250 miliardi. Una cifra che nessun governo avrebbe mai potuto anche solo sognare appena un anno fa, quando le briglie del rigore di bilancio alle quali eravamo abituati dai tempi dell’introduzione dell’euro erano ancora strette.

È piuttosto curioso – o forse preoccupante – che in previsione di un così gigantesco flusso di risorse pubbliche destinato a investire le diverse articolazioni dell’amministrazione pubblica quasi in ogni angolo del Paese e molto intensamente il Mezzogiorno, nel dibattito pubblico si segnalino davvero poche occasioni di riflessione e di richiamo dell’attenzione sul rischio che la criminalità organizzata possa distrarre fondi consistenti, minando alla base non solo efficienza ed efficacia di spesa, ma anche il corretto funzionamento del mercato e persino solidità e tenuta di società civile e democrazia.

Le strutture investigative nazionali e sovranazionali hanno iniziato a svolgere un’azione importante già all’indomani dell’esplosione della pandemia, chiedendosi innanzitutto quali avrebbero potuto essere le strategie delle organizzazioni mafiose per intercettare le risorse pubbliche mobilitate e, successivamente, lanciando pubblicamente l’allarme.

Si tratta indubbiamente del primo e del più fondamentale dei fatti in contrasto con l’apparente disattenzione di media e politica. Ne hanno dato conto a più riprese e a più livelli – tra gli altri – Maurizio Vallone, direttore della DIA, e Catherine De Bolle, direttore esecutivo di Europol.

Infiltrazioni mafiose al tempo del Covid-19

Ci sono anche pezzi importanti di società civile capaci di mantenere alta l’attenzione sulla minaccia mafiosa. È recente l’arresto di 40 membri del clan Santapaola-Ercolano nel catanese grazie all’imprenditore Giuseppe Condorelli, a capo della storica azienda di produzione dei noti torroncini, che, rifiutandosi di pagare il pizzo e denunciando il tentativo di estorsione ai Carabinieri, ha consentito l’avvio delle indagini da parte della Direzione distrettuale antimafia di Catania. 

Dall’altro capo d’Italia, un altro importantissimo pezzo di società civile ha da poco confermato la propria attenzione verso i rischi connessi alle attività della criminalità organizzata. Si tratta di Assolombarda, l’articolazione territoriale di Confindustria di Milano, Lodi, Monza e Brianza e Pavia, che rappresenta oltre 7mila imprese delle quattro province, da oltre dieci anni impegnata in prima linea sul fronte della lotta all’espansione delle mafie e alla loro infiltrazione nel tessuto economico. Lo scorso 21 aprile questo stesso magazine ha ospitato l’incontro “Le infiltrazioni mafiose al tempo del Covid-19: i pericoli per le imprese e le risposte necessarie”, promosso appunto dalla Piccola Industria Assolombarda.

Quell’incontro ha preso le mosse da un’osservazione particolarmente inquietante svolta dall’allora Vicepresidente di Assolombarda con delega alla legalità, Antonio Calabrò: se fino a ieri eravamo abituati a parlare di “infiltrazione mafiosa” oggi probabilmente sarebbe più appropriato parlare di “presenza strutturata delle mafie” sui nostri territori (Milano e la Lombardia). Una presenza che meriterebbe un’attenzione ancora più elevata da parte dell’opinione pubblica – a partire da politica e media – in una fase certamente contraddistinta da segnali di ripresa, ma che vede interi comparti economici, come quelli di turismo, spettacolo e in parte servizi, ancora in grande difficoltà.

Se esiste una caratteristica che la criminalità organizzata (a partire da quella di matrice calabrese) ha dimostrato di aver acquisito nella sua espansione verso nord, infatti, è una certa “vocazione imprenditoriale” – come definita da Alessandra Dolci, magistrato coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia di Milano.

Ed è impressionante apprendere dalle parole di quest’ultima come gli esponenti delle cosche con eccezionale tempestività (e cinismo) stessero già parlando al telefono tra loro dei sistemi per infiltrare il mondo delle pompe funebri nel momento stesso in cui sulle televisioni correvano le immagini scioccanti delle colonne di mezzi militari che trasportavano le bare per le vie di Bergamo.

Infiltrazioni mafiose al tempo del Covid-19
C’è senz’altro allarme per l’attività frenetica delle mafie presenti sul territorio milanese e lombardo per approfittare dell’emergenza e accelerare nell’attuazione di una strategia di inserimento nell’economia attraverso la creazione di nuove imprese, l’acquisizione di attività imprenditoriali e, ancor più subdolamente, nel proporsi come finanziatore di attività imprenditoriali in crisi di liquidità e in difficoltà nel rapporto con il sistema del credito.

Un’accelerazione registrata proprio in corrispondenza della fase in cui si delineavano i possibili canali di finanziamento pubblico a sostegno dell’economia.

In un momento come questo un cedimento alle pressioni mafiose e il silenzio sui rischi di un’espansione della forza economica delle mafie sarebbe esiziale. Come ben ricordato da Michele Miulli, Comandante del Reparto Operativo del Comando Provinciale Carabinieri di Milano, l’emergenza pandemica costituisce indubbiamente una grande opportunità di fronte alla quale per tutte le matrici criminali mafiose (‘ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e cosche pugliesi) sembra che cerchino di consorziarsi mettendo a fattor comune ciascuna le proprie migliori competenze. E lo strumento più efficace per riuscire nelle proprie mire di infiltrazione dell’economia è espandere e qualificare ancora di più il capitale sociale di cui sono dotate. Quel capitale sociale costituito da imprenditori, professionisti, pubblici funzionari, rappresentanti delle forze dell’ordine, politici che di fatto costituiscono il principale asset delle associazioni criminali di tipo mafioso.

Per questo occasioni come quelle offerte da Assolombarda costituiscono momenti molto preziosi. Intanto perché rompono il silenzio distratto attorno a un fenomeno estremamente pericoloso sotto ogni profilo: civile, economico, sociale, politico e culturale. Ma soprattutto perché – come ricorda ancora Miulli – lo Stato e le sue istituzioni devono poter contare anche sulla forza della società civile e delle istituzioni private come, appunto, quelle di rappresentanza degli imprenditori.

 
 
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