Le nuove frontiere della cultura: digitalmente tradizionali

Intervista ad Andrea Cancellato, Presidente di Federculture e Direttore ADI Design Museum - Compasso d’oro

24 maggio 2021

Un anno fa pubblicavamo un’intervista ad Andrea Cancellato, Presidente di Federculture e Direttore ADI Design Museum - Compasso d’oro, provando a capire con lui cosa stava accadendo all’insieme dei soggetti che animano il settore della cultura nel pieno di quel primo e durissimo lockdown. Parliamo di attività che, prima della pandemia, generavano complessivamente circa 95 miliardi di Pil occupando 840mila persone.

La gravità dell’impatto era chiara fin dall’inizio, così come la necessità di ripensare alle modalità di produzione e offerta culturale. Per questo diverse personalità del settore, tra le quali lo stesso Cancellato, si attivarono immediatamente per promuovere la costituzione di un Fondo Cultura che consentisse di “comprare” il tempo necessario a rimodulare quelle attività adottando nuovi modelli di business e ridefinendo le modalità di fruizione culturale. Una proposta che ha trovato l’immediato impegno anche da parte del ministro Franceschini, nel frattempo confermato alla guida del Ministero della Cultura anche nel governo Draghi.

Il Fondo Cultura è da poco diventato operativo. La commissione tecnica di valutazione è presieduta proprio da Andrea Cancellato. Lo abbiamo dunque interpellato ancora una volta, da un lato per chiedergli una fotografia del settore dopo oltre un anno di pandemia e, dall’altro, perché possa illustrarci dotazione, obiettivi, e funzionamento del Fondo Cultura.

Proviamo subito a capire con il suo aiuto quale è stato l’impatto della pandemia e delle restrizioni imposte dal Governo sulle attività del settore cultura, quanto e come “ristori” e “supporti” abbiano funzionato nel mitigarlo

Vi è stato senz’altro un primo periodo di sbandamento, del tutto giustificabile vista la brutalità con cui il virus ha colpito le nostre società e le nostre economie. Poi, attraverso ripetuti interventi legislativi e amministrativi il comparto della cultura, soprattutto quello istituzionale e dello spettacolo dal vivo, è stato in larga parte supportato dal Governo e, in genere, anche da Regioni e Comuni. È stata certamente più difficile la gestione delle situazioni più “marginali” e di quelle “irregolari” che hanno potuto contare invece solo su gli interventi generali sugli “scritturati” o sui lavoratori autonomi. È possibile che qualcuno sia rimasto “fuori”, ma credo che il maggiore disagio sia stato rappresentato dall’assenza di prospettive certe e da un vero lavoro che, invece, è effettivamente mancato.

ADI Design Museum - Ph. Martina Bonetti

ADI Design Museum

Abbiamo tutti assistito e spesso partecipato in prima persona alla crescita esponenziale delle attività in remoto avvenuta nel corso dei mesi di limitazione forzata al movimento delle persone e alle attività in presenza grazie al dispiegamento delle tecnologie digitali. Un fenomeno che ha toccato l’ambito lavorativo, così come quello dei consumi e talvolta anche quello dei rapporti interpersonali ed extralavorativi. Come ha reagito il sistema culturale e, soprattutto, quali prospettive si sono aperte rispetto a forme di produzione e fruizione culturale grazie al digitale?

Indubbiamente c’è stata, soprattutto sul lato dell’offerta, una crescita impetuosa della cultura digitale. Resta da capire quanta parte di questa offerta sia stata effettivamente apprezzata e “goduta” dalla popolazione che frequentava le strutture culturali. Su questo lato occorre tenere presente che i maggiori frequentatori di musei e teatri – scuole e turisti esclusi – sono gli anziani. È anche importante sottolineare che questa modalità di produzione culturale è aggiuntiva e non sostitutiva di quella tradizionale. Per fare un esempio, la diffusione in digitale di un evento “analogico” (uno spettacolo teatrale, una performance artistica, una mostra, ecc.) presuppone che alla produzione “classica” se ne affianchi una digitale, con regia, post-produzioni, tecnici e operatori specifici e, dunque, professionalità e relativi costi aggiuntivi. Questo modo di produrre e consumare cultura cambia chiaramente ruoli e gerarchie. Una trasformazione che non potrà non essere considerata anche dopo la fine della pandemia e che probabilmente imporrà anche cambiamenti non banali nei rapporti fra i partecipanti alla vita culturale. Per esempio: aumenteranno i fruitori? Quelli nuovi si aggiungeranno o sostituiranno – e in che misura – quelli che conoscevamo prima della pandemia? Si tratta di evoluzioni che hanno, naturalmente, implicazioni nelle scelte e nella programmazione futura dei soggetti produttori di cultura in Italia.

Facciata di ADI Design Museum - Ph. Martina Bonetti

Facciata di ADI Design Museum

Quale ruolo può giocare, dunque, il Fondo Cultura nel supportare questa transizione? Ci sono altri soggetti rilevanti, nel settore pubblico così come in quello privato e di mercato, che possono avere un ruolo rilevante in questo processo?

L’istituzione, su richiesta del mondo culturale italiano con Federculture in testa, del Fondo della Cultura è importante perché, accanto ai provvedimenti relativi alla fase di “ristoro”, quindi al passato, si è aggiunto uno strumento che guarda al futuro. Il Ministro Dario Franceschini ha voluto articolare il Fondo in due distinti compartiuno collocato presso la Cassa Depositi e Prestiti, dedicato agli enti pubblici e a quelli controllati dal “pubblico” relativo agli investimenti con mutui a lungo termine sostenuti anche da contributi a fondo perduto del 30%un altro, collocato presso l’Istituto per il Credito Sportivo (che da qualche anno può operare anche in campo culturale) a disposizione anche delle imprese culturali private (esempio le Fondazioni) che concede la garanzia di Stato per prestiti di lungo periodo (da sette a venti anni con due anni di preammortamento) accompagnati da contributi in conto interessi (praticamente a tasso zero). Questi prestiti potranno essere disponibili non solo per investimenti strutturali ma anche per iniziative, attività di valorizzazione, manifestazioni. Il mondo della cultura ha un rating alto, poiché restituisce i prestiti ottenuti con puntualità; le risorse allocate dal Governo, dunque, producono una somma disponibile per gli operatori moltiplicata per cinque.

Ultimo, ma non ultimo: il 2020 avrebbe potuto segnare l’apertura del ADI Design Museum – Compasso d’oro di cui sei direttore. Anche in questo caso l’impatto della pandemia ha costretto a riprogrammare lavori e inaugurazione, ma finalmente ci siamo. Cosa dobbiamo aspettarci all’apertura del prossimo 25 maggio?

Purtroppo la pandemia ha costretto ad annullare il Salone del Mobile 2020 e rimandare a settembre quello del 2021 che sarà tenuto in un’edizione più contenuta rispetto allo standard pre-Covid. Anche la Design Week ha dunque perso le sue caratteristiche di evento ad alta partecipazione, uno scenario del tutto opposto alle condizioni in cui avevamo programmato di aprire. Tra l’altro – ed è un punto importante – nel caso del nuovo ADI Design Museum – Compasso d’Oro le chiusure, le incertezze e le difficoltà esterne si sono sommate ai problemi peculiari di una struttura nella delicata fase di avviamento delle sue attività. Abbiamo comunque portato a termine i lavori e l’allestimento, ormai concluso. Non anticipo nulla, ma quello di cui siamo certi è che offriremo un modo diverso di fruire e partecipare a un museo del design: il design come non l’hai mai visto!

 
 
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